Cappero

Capparis spinosa

Oggi scopriamo una specie affascinante che ci porta in un viaggio in tutto il mondo e in tutte le epoche!

Il cappero è un arbusto perenne, conosciuto soprattutto per l’uso commestibile dei suoi boccioli nella cucina mediterranea.

Ma c’è un’infinità di storie da scoprire!

Innanzitutto che non è solo la specie Capparis spinosa l’unica: anzi, è un ibrido tra Capparis orientalis e Capparis sicula, anch’esse commestibili.

Poi, che la famiglia a cui appartiene, le Capparaceae, è originaria dei tropici e si è diffusa in un secondo tempo nell’area mediterranea.

Ancora, che la tassonomia (sistema Cronquist) indica che le Capparaceae appartengono ai Capparales, mentre l’APG le assegna ai Brassicales, di cui fanno parte ovviamente anche le Brassicaceae, e c’è un motivo anche culinario che analizzeremo dopo.

Cappero deriva secondo alcuni dal greco kàpparis, che alcuni dicono derivare da Kypros “Cipro” perché la specie è abbondante nell’isola; altri che vedono similitudine con kàpros “cinghiale” per la pianta “lunga” come le zanne.

In realtà pare la vera origine sia orientale, giunta in Europa tramite arabo/persiano (al)qobar o (al)qâbar, con lo stesso significato, e che ritroviamo in spagnolo e portoghese alcaparra o in aragonese e provenzale caparra (da non confondere con la caparra economica, dal latino capere “prendere”, che ritroviamo nel dialetto barese capare 🙂 ).

In inglese il cappero è anche chiamato Flinders’ rose, in particolare i suoi splendidi fiori: Matthew Flinders era un esploratore, ufficiale di marina britannico, che fu il primo a circumnavigare l’Australia confermando fosse un continente. Tornato in patria pubblicò la relazione dei suoi viaggi, com’era in uso all’epoca, con il titolo A Voyage around Terra Australis (1814). Qui usò spesso la parola “Australia” così questa, per l’enorme successo avuto dalla sua pubblicazione, diventò il nome con cui oggi la conosciamo, perché prima era chiamata comunemente Terra Australis.

Egli pensò che i fiori del cappero fossero delle rose e così è rimasto loro quel nome popolare.

In Italia esiste nelle Eolie il nome popolare di “orchidea delle Eolie”, riferito sempre ai fiori.

La preparazione dei capperi è una delle poche rimaste in epoca moderna della più antica forma di conservazione “ideata” dall’uomo, ovvero la fermentazione selvaggia: infatti, ancor oggi i boccioli dei capperi - e in realtà anche i frutti, vedremo - sono fermentati in acqua e sale (circa due cucchiai di sale marino grezzo per 100 ml di acqua in un contenitore coperto) e ciò induce un processo di fermentazione che fa sì che i boccioli producano olio di senape: ecco il collegamento con le Brassicaceae, naturalmente ricche, soprattutto nei semi, di quest’olio tant’è che è con i semi delle specie di quella famiglia che si preparano senape e mostarda.

La pianta del cappero è interamente commestibile: i boccioli li conosciamo tutti, ma si possono mangiare anche i frutti, conosciuti in siculo come cucunci e in pugliese come capperesse (al femminile!), ma anche come tapini, trudd o zucchette, qui similitudine con piccole zucche come i cocomeri, che infatti è il significato del termine più comune, cocunci o cucummariddi, “piccoli cocomeri”.

Sulla pianta si trovano contemporaneamente boccioli, fiori e frutti, poiché la fioritura e la conseguente fruttificazione avvengono in modo scalare. A maturazione, i frutti assumono un colore che arriva al rosso e al viola.

Le piante spesso si trovano su mura e scogli vicino al mare, perché la pianta ha pochissime necessità idriche e quindi si accontenta “di poco”, e anche perché le lucertole amano mangiarne i cucunci, che se guardi all’interno sono ricchi di semi, perché per loro sono circondati da uno sciroppo zuccherino, solo che espellono i semi interi che germogliano quindi negli anfratti delle pietre in posti spesso non accessibili all’uomo.

Sono commestibili anche le foglie, a crudo quelle più giovani mentre le più grandi, magari più coriacee, si possono sempre lattofermentare o ancor meglio essiccare e polverizzare.

La polvere si usa per aromatizzare, aggiunta a besciamella, sugo, brodo; è ottima negli impasti e nella maionese, se ne può preparare un ottimo gelato e un fantastico e inusuale sorbetto.

Oltre agli innumerevoli usi della cucina mediterranea, oggi propongo una ricetta unica e molto particolare, che non mancherà di stupirvi!

Vino di capperi

Ingredienti: un litro di vino rosso di ottima qualità; 30 grammi di scorza della radice della pianta di cappero; 30 grammi di boccioli e frutti di cappero; 50 grammi di zucchero di canna grezzo (Mascobado)

Procedimento: metti a macerare gli ingredienti nel vino, mescola e lascia riposare per almeno 15 giorni, agitando spesso.

Filtra con una tela fine premendo bene per eliminare tutto il liquido. Imbottiglia in bottiglie di vetro scuro e conserva in luogo buio e fresco.

È un ottimo aperitivo. Ciò che rimane dopo aver filtrato può essere utilizzato negli impasti di pettole, pizzelle o pane o essiccato e polverizzato e usato come un fantastico aromatizzante, molto particolare, che unirà il sapore del cappero a quello del vino.