Siamo nel pieno dell’Avvento e ovunque è un tripudio di piante decorative, tipiche del periodo.
Sì, ma quali? Nelle foto le vedi entrambe, prima che fossero sepolte dalla neve, nel parco di Pikniq.
Forse la più conosciuta è l’agrifoglio, dal latino acrifòlius, composto da acer “acuto” (come “acacia”) e folium “foglia”, per le foglie acute e spinose. È sempreverde e a seconda delle zone può essere un arbusto o un albero. È pianta dioica, ovvero che ha presenti sulla stessa pianta sia i fiori maschili che quelli femminili.
Esistono circa 400 specie e alcune hanno anche foglie caduche (Ilex verticillata e Ilex serrata).
Le bacche sono tossiche per l’uomo (ne bastano 20 per uccidere un adulto, a causa dell’ilicina) ma le foglie no: la bevanda conosciuta come mate, tipica del sud America, bevuta nella tipica bombilla, è fatta dalle foglie di Ilex paraguariensis, un’altra specie “sorella” del nostro Ilex aquifolium. L’infuso delle foglie, ricche di teobromina come il cacao e di caffeina come il caffè (e quercitina, rutina, potassio, magnesio e manganese) oltre a essere usato in fitoterapia, sembra abbia effetti simili alla serotonina.
In inglese agrifoglio è holly (e quindi Hollywood “bosco di agrifogli”): dall’inglese medio holly, holi, holie, è una variazione abbreviata di holin, holyn, da una versione dialettale hollen, holm, dall’anglosassone holegn, holen “agrifoglio; principe, protettore”, dal protogermanico occidentale *hulis “agrifoglio”, probabilmente dal protoindoeuropeo *ḱel- “tagliare”. È imparentato con lo scozzese holin, hollin, holyn; l’olandese moderno hulst; il tedesco moderno Hulst; il francese houx che deriva dal germanico; il danese hylver; il gallese celyn; il russo ко́лос kólos “spiga di grano”; albanese kalli “paglia; pula”; latino culmus “stelo; gambo”; sanscrito कटम्ब kaṭamba “freccia”; antico slavo ecclesiastico класъ klasŭ “spiga di grano”.
Ilex è latino per “leccio”, una specie di quercia, per la somiglianza delle foglie (e infatti suoi nomi popolari sono leccio spinoso o alloro spinoso); aquifolium indica la caratteristica della foglia, dal margine spinoso (acus “ago” o anche per alcuni acer “acuto” e folium “foglia”).
Molti confondono l’agrifoglio con il pungitopo (e l’agrifoglio tra i suoi nomi popolari ha anche pungitopo maggiore): quest’ultimo si chiama Ruscus aculeatus e fa parte della stessa famiglia degli asparagi, le Asparagaceae. La sua caratteristica è di esser provvisto di cladodi, come il fico d’India, ovvero fusti trasformati che hanno assunto la funzione delle foglie, diventando ovali, appiattiti e rigidi e con estremità pungenti. In primavera, poco sopra la base dei cladodi appaiono i fiori, piccolissimi e di colore tendente al verde; in inverno matureranno i frutti, che sono bacche scarlatte (che ricordano piccole ciliegie, tossiche) che è il motivo per cui viene raccolto nel periodo natalizio.
Del pungitopo per secoli si sono mangiati i germogli, all’inizio della primavera e fino a maggio a seconda delle zone, che vengono chiamati impropriamente “asparagi”. Oggi la pianta è protetta in tutta Europa e quindi non si può raccogliere.
Si raccoglievano anche i semi che, tostati, venivano utilizzati come succedaneo del caffè (eliminando la polpa esterna che è tossica e trattando quindi solo il seme all’interno).
Il nome pungitopo indica un’usanza antica: le foglie, taglienti, venivano messe intorno alle provviste per salvaguardarle dai topi (e anche ai piedi degli alberi da frutta per evitare che i topi salissero). Nella provincia di Bergamo il nome popolare della pianta è spinasorèch o spisorèch e l’usanza delle fascine di rusco in cantina è presente ancora oggi.
La pianta veniva anche utilizzata per proteggere le pannocchie di granoturco messe a essiccare: si legavano mazzetti di pungitopo a testa in giù, alla base dei pali di sostegno, per allontanare eventuali “predatori”.
Ruscus è latino e deriva dal greco rugchos “becco; rostro”: indica i cladodi dalla punta aguzza come il becco di un uccello, ed è il nome con cui Plinio chiamò la pianta, che per anni in italiano - e in spagnolo, catalano e portoghese - è stata chiamata rusco. Aculeatus è l’epiteto per indicare i mucroni pungenti. Gli inglesi lo chiamano Butcher’s broom “scopa del macellaio”, perché un tempo le fascine di pungitopo erano usate come scope per pulire il pavimento delle macellerie. Ricerche recenti hanno dimostrato che il pungitopo contiene alcuni composti antibatterici: in aggiunta quindi all’utilità fisica della pianta l’effettiva pulizia potrebbe essere dovuta agli oli antibatterici che hanno contribuito quindi alla sua popolarità e al soprannome.